sabato 11 giugno 2016

Stellaris: la grande space opera non è più solo sui libri

Questa è la prima volta che, su questo blog, scrivo di un videogioco, e non credo ci saranno molte altre occasioni. Se lo faccio è perché Stellaris, strategico in tempo reale sviluppato della svedese Paradox Interactive, mi ha incuriosito sin da quando, un mese fa, ho visto questo trailer.


Stellaris, il cui nome è probabilmente un omaggio al Solaris di Lem, è un videogame Grand strategy del tipo 4X. Chi non fosse avvezzo alla terminologia videoludica si rassicuri, perché ho dovuto io per primo controllare di cosa si tratta: al genere "grand strategy" appartengono i giochi di simulazione bellica in cui bisogna badare anche agli aspetti economici e politici della propria potenza militare. Mentre 4X sta per "Explore, expand, exploit, exterminate".
Può darsi che per qualcuno io risulti più chiaro paragonando Stellaris al gioco da tavolo Eclipse, anch'esso di design nordico, in cui il giocatore è l'impersonale supervisore di un potere interstellare che deve gestire i propri pianeti, recuperare risorse, sviluppare tecnologie, confrontarsi coi propri avversari attraverso gli strumenti della diplomazia o della guerra.
Ecco, rispetto a Eclipse, che per essere un boardgame strategico-gestionale è di difficoltà medio-alta, Stellaris è molto più vario e complesso. Chi ha giocato a qualche Civilization, conosce probabilmente la soddisfazione e il contemporaneo inappagato senso di attesa risultante dal conseguimento di una vittoria tecnologica: l'umanità si libera delle catene che la tenevano relegata al terzo pianeta del sistema solare, nasce allo spazio, costruisce una nave generazionale e poi...
Niente, poi su Civilization hai vinto. Stellaris invece parte da qui, da una civiltà neanche tanto più progredita della nostra che ha appena scoperto il modo di viaggiare abbastanza agevolmente per le immense distese siderali. Come e in quanto tempo colonizzerà altri sistemi stellari e su quali pianeti si insedierà? A quali scoperte, teorie e tecnologie ambirà? Come reagirà di fronte ad altre civiltà galattiche; e come invece tratterà altre razze senzienti meno evolute che incontrerà nelle sue esplorazioni? Queste domande troveranno risposta nelle scelte del giocatore oltre che nei fondamenti etico-ideologici della propria civiltà di partenza.
Dopo aver scelto se essere degli umani, altri mammiferi, rettili o volatili più o meno antropomorfi o un qualche tipo di artropodo, mollusco o fungo, al giocatore sarà proposto il seguente schema:



Laddove agli opposti e a due diversi livelli (moderato e fondamentalista) si trovano le coppie minime guerrafondaio/pacifista, spiritualista/materialista, collettivista/individualista, xenofilo/xenofobo. E a seconda della scelta, sarà poi possibile scegliere forme di governo che vanno dalla democrazia diretta al dispotismo illuminato, dall'oligarchia scientifica alla burocrazia pacifista. Ogni razza avrà poi dei tratti fisici e psicologici che, come d'altronde l'etica e la forma di governo, daranno dei bonus o dei malus alle più diverse dinamiche del gioco. Ma ecco, ad esempio, un sovrano illuminato della Confederazione Monarchica dei Corgi.



Che siate pacifici esploratori o sterminatori senza scrupoli di ogni forma di vita che intralci il vostro progetto egemonico, su Stellaris dovrete occuparvi comunque un po' di tutto: esplorazione, gestione dei pianeti produttori di risorse, ricerca scientifica, costruzione e potenziamento della vostra flotta, fondazione di colonie, delega all'intelligenza artifciale di aspetti che diventeranno mano a mano secondari.
Se Stellaris fosse soltanto questo sarebbe già tanto, ma probabilmente non mi avrebbe stregato come ha fatto e non avrei scritto questa recensione. Il gioco invece è immersivo e coinvolgente, ha ambizioni autenticamente fantascientifiche e un anelito epico. Presenta parti narrate piuttosto lunghe per un videogioco (500-1000 caratteri) che introducono le scelte che il giocatore deve compiere. E, come gran parte della buona fantascienza, è citazionistico, direttamente o indirettamente. Le creature e le situazioni che ho incontrato mi hanno ricordato romanzi e racconti di Hoyle (La nuvola nera), di Sturgeon (Cristalli sognanti), Dick (il racconto 'I pifferai') e tanti altri. Il fatto che si debbano fare delle scelte oculate quasi impone la lettura delle parti narrative, che a loro volta non deludono.
La musica, splendidamente adatta, è non meno citazionistica: da Blade Runner (e in generale Vangelis) a Star Wars, dal Songs of Distant Earth di Mike Oldfield all'intramontabile "elettronica misto classica" tipica del cinema di fantascienza.
Insomma, Stellaris è un ottimo gioco; ed è un gioco di fantascienza in alcuni sensi che raramente riguardano l'ambito videoludico: l'epica e l'estrapolazione.
È visivamente notevole, ma su ciò che in genere si chiama "grafica" prevalgono l'illustrazione e il disegno. Ha una giocabilità piuttosto lunga (dopo una partita della durata di molte ore non avevo ancora visto tutte le meccaniche del gioco) e, specie dopo la prima patch, chiamata "Clarke", pochi bug e pochi problemi di bilanciamento.
Tra i difetti citerei la lungaggine delle fasi avanzate del gioco, le scarse alternative alla vittoria militare e la mancanza di un punteggio di fine partita.
Ciò non toglie che chi ama la fantascienza secondo me dovrebbe provare e apprezzare Stellaris, per vedere quanto di narrativa (largamente intesa) ci può essere anche in un medium come il videogioco, ma anche per fondare, far fiorire e prosperare l'impero o la confederazione galattica di cui avrebbe sempre voluto leggere. O scrivere.

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